Il Maigret salentino
il commissario Santoro in una tela di Piero Paladini
Chi non ricorda il commissario Jules Maigret, il protagonista di tanti romanzi polizieschi di George Simenon? Il commissario Pasquale Santoro, protagonista dei romanzi di Piero Grima, lo ricorda molto. Come il grande investigatore francese, Santoro è un uomo dalla corporatura massiccia ma dall’aspetto distinto, apparentemente burbero e scontroso, ma dal cuore tenero; amante della buona cucina ed ottimo conoscitore della tradizione gastronomica salentina, proprio come Maigret che è ghiotto della zuppa di cipolle e del rognone trifolato e girovaga, sornione, tra le brasseries di Parigi alla ricerca di un buon piatto di Soupe à l’oignon gratinée. Così come in Simenon tutti i racconti di Maigret sono pervasi da citazioni riguardanti luoghi e piatti tradizionali della buona cucina francese, nello stesso modo, i “gialli” di Grima traboccano di vecchi detti popolari e di antiche ricette della cucina tradizionale salentina.
Santoro non fuma la pipa come il suo “collega” parigino ma il sigaro “toscano” al quale si affida per “meglio pensare”. Il suo motto investigativo è: “un miglio si percorre un passo dopo l’altro” e questo motto segue nelle sue indagini così, mattone dopo mattone, costruisce il suo muro, come suggerisce l’antico proverbio leccese: “ogni petra ausa parite”. Come Maigret, Santoro è legatissimo alla sua terra ma certo non quella dei falsi salotti “barocchi” bensì quella più vera degli angusti vicoli imbiancati a calce, degli ulivi contorti, dei pescatori riarsi dalla salsedine e questa meravigliosa terra, pur con le inevitabili contraddizioni, fa sempre da sfondo alle indagini del sagace commissario il quale entra lentamente, ma con grande efficacia, nella psicologia dell’evento criminoso senza trascurare la sua salentinità alla quale non rinuncia, sicché tra antichi detti popolari e gustose ricette della tradizione contadina, riesce ad amalgamarsi al complesso scenario delittuoso immergendosi nelle atmosfere dei luoghi in cui i delitti sono stati commessi e, lasciandosi guidare dal proprio istinto, riesce ad immedesimarsi ed a comprendere la personalità e l’umanità dei diversi personaggi che ruotano intorno alla vicenda delittuosa, e proprio questo peculiare metodo investigativo è il comune denominatore dei due poliziotti, Santoro e Maigret, il cui comportamento risulta essere quanto mai umano e comprensivo.
Pasquale Santoro non è l’infallibile e affettato investigatore alla Sherlock Holmes: freddo calcolatore sempre emotivamente molto distaccato e disinteressato agli altri, né il cervellotico e vanitoso Poirot che procede nelle sue indagini seguendo un ordine ossessivo ed un metodo ultra razionale … Poirot non si può certo definire un passionale né un sentimentale ma esclusivamente un logico che non concepisce l’inspiegabile e l’irrazionale, è l’investigatore che si affida non al cuore ma solamente alle “celluline grigie”. Santoro e Maigret sono a differenza dei loro più sofisticati colleghi, due brave persone, due comuni funzionari di polizia che, seguono, nelle indagini, il cuore e l’istinto rispettando sempre il colpevole che viene sempre considerato, sia da Santoro che da Maigret, l’altra vittima del crimine. Anche i loro collaboratori si diversificano molto poiché l’ispettore Janvier e Totò Lo Palco sono molto diversi dal capitano Hastings, elegantissimo e affettato cicisbeo che è accanto a Poirot e dal dottor Watson austero ed autorevole amico di Holmes ben lontano da un qualunque Lo Palco. Sulla scia di George Simenon, Piero Grima, pur rimanendo fedele al romanzo poliziesco europeo, con il suo commissario Santoro abbandona lo schema del giallo classico “all’inglese” imperniato su delitti perfetti, investigatori infallibili, ambientazioni mondane e altolocate, e introduce invece personaggi e ambientazioni popolari e piccolo borghesi, dove il centro dell’attenzione è spostato sulle motivazioni umane che portano al delitto, più che sulla ricerca degli indizi materiali. Di conseguenza è abituale seguire il commissario Santoro lungo vicoli stretti e umidi ma deliziosamente imbiancati a calce, nelle vecchie bettole spesso malfamate e chiassose ma che offrono gustosissimi piatti della cucina tradizionale, nei mercatini rionali dove lo troviamo chiacchierare con ortolani ed erbivendoli apparentemente noncurante delle indagini in corso contribuendo così a dare rilievo ad una umanità che sempre, in ogni occasione, emerge dai romanzi di Piero Grima.
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